IBL, il “capolavoro” di Williamson
Ho visto una partita di vero baseball. Vero come lo intendo io. La bellezza d’una partita che finisce 1-0. Capace di trasmettere forti emozioni e di “catturarti” anche con un solo punto segnato in nove inning. L’intensità di un braccio di ferro energico, estenuante, da vivere con il fiato sospeso in gola. Quasi in religioso silenzio. E poi… il lampo di un improvviso e magistrale fuoricampo, a spezzare nella notte sammarinese un diabolico equilibrio.
Lanciatori dominanti: interpreti spettacolari e professionali con le traiettorie ingannevoli dei loro lanci o con l’arma della velocità. I “partenti” Joey Williamson e Junior Guerra e i rilievi Raul Rivero e Darwin Cubilan hanno dato vita a duelli eccitanti, di livello tecnico altissimo per l’Italian Baseball League. Una delizia per gli occhi. San Marino e Bologna, al “Serravalle Field” giovedì sera, in gara1 di questa serie dei playoff, hanno proposto quanto di più bello una partita di baseball possa offrire nel nostro campionato.
Ha vinto Bologna 1-0. E il destino ha voluto che una gara così importante e “vera” (non condizionata da tatticismi, dove i pitchers migliori hanno avuto l’opportunità di sfidarsi coraggiosamente a viso aperto, nell’interesse dello spettacolo) sia stata decisa da una magìa di autentico “personaggio” del nostro baseball, un campione italiano fra i più grandi dell’ultimo ventennio: Claudio Liverziani, l’infinito capitano della Fortitudo.
Una “partitissima”, sul piano della qualità, che avrebbe meritato ben altra cornice di pubblico. Dalla gradinata dello stadio ho contato 93 spettatori, quando alle ore 21 è cominciato il match. E anche se qualcuno può essere arrivato in ritardo allo stadio, sarà stato raggiunto il centinaio di spettatori o poco più (in maggioranza provenienti da Bologna): un “numero” ben lontano da quella che – mi sembra – sia stata la “gonfiata” affuenza apparsa nel tabellino del sito FIBS (400).
Peccato, perchè San Marino e Bologna hanno prodotto una partita di notevole spessore. Che avrebbe meritato uno stadio pieno. Di partite così intense, così belle, se ne vedono poche in Italia. Una sfida che ha avuto per protagonisti “personaggi” come Liverziani, come Williamson e Guerra, come Rivero e Cubilan. O come Lorenzo “Lole” Avagnina , al quale ho visto fare una prodezza da Major League quando al settimo inning l’esterno sinistro dei Titani sammarinesi è andato a prender giù – con una corsa prodigiosa e tanto coraggio – una palla che pareva letteralmente impossibile da controllare, battuta con notevole potenza da Alessandro Grimaudo. Avagnina, giocatore di straordinaria utilità, al quale non mancano fisicità e orgoglio, è riuscito ad afferrarla quella pallina. In piena corsa, allungando il braccio… come fosse diventato di tre metri, e senza paura per l’inevitabile brusco impatto contro le protezioni di fine campo.
La bellezza del baseball non consiste in una quantità industriale di battute valide e di punti. Dite che è più emozionante? No, io sostengo che quando ci sono molte valde e soprattutto molti punti significa che qualcosa non ha funzionato nè sul monte di lancio nè in difesa.
Nel baseball, che è sport intelligente e logico, una partita può essere emotivamente intensa e la si può gustare ed apprezzare anche se termina con un punteggio… calcistico: 1-0.
La bellezza nel baseball consiste nella strategia dei lanciatori, nella “guerra dei nervi” con i battitori, in questo eterno duello fra chi ha la palla in mano e chi tiene il bastone in pugno. Diciotto metri di distanza. Occhi di fuoco che s’incrociano, che si sfidano.
E’ in questa sfida che sta la magìa del baseball.
Amo le partite dove i lanciatori comandano. Come è avvenuto appunto giovedì sera. Spettacolare riscatto di Joey Williamson. Il pitcher americano della Fortitudo veniva dalla partita meno felice di questa sua prima ed eccellente stagione italiana, quella perduta la settimana scorsa contro Rimini. Giocatore esperto e orgoglioso, Williamson si è duramente applicato in rigorosi allenamenti preparando il riscatto. Assieme a manager Marco Nanni e al pitching coach Roberto Radaelli, Williamson ha lavorato duro. Per recuperare ritmo ed efficacia. L’atra sera non aveva cominciato in maniera brillante la sua partita, anzi direi che l’impatto era apparso un tantinello inquietante. Pronti via e… subito due singoli concessi a Duran e a Vasquez sul primo attacco del San Marino, con il sempre veloce Carlos Duran arrivato sul sacchetto di terza base. A quel punto, Williamson ha cambiato strategia. Ha capito che la “dritta” in que momento non aveva sufficiente velocità e dunque non era una scelta felice. E ha privilegiato gli effetti, le rotazioni. Come spesso gli capita (e questa è la risorsa più bella e importante di questo pitcher americano) Joey riesce a togliersi dai pasticci e a venir fuori brillantemente dalle situazioni delicate grazie al carattere e ad un forte orgoglio. Così, in quel primo innng, ha “messo sedere” – l’uno dopo l’altro – Jairo Ramos e Joe Mazzuca. Successivamente, facendo uso efficace dello slider, del sinker e della split finger, Joey Williamson ha preso il comando del monte. Ed è cresciuto, ripresa dopo ripresa. Abilissimo nel variare tipi di lancio e location. Talmente imprevedibile da non permettere mai ai Titano Bombers di seguire un filo logico nella loro strategia offensiva.
Grandissimo Williamson, ma altrettanto grande il suo fiero rivale Junior Guerra. Anche il venezuelano del San Marino ha lanciato in maniera superlativa, magistrale. Differente da Williamson. Guerra è uomo che vive di velocità, un power pitcher che “spara” la fastball a 93 miglia, anche 94. Un braccione da strikeout.
Vi assicuro che è stato un duello suggestivo e fascinoso sulla collinetta del “Serravalle Field”. Sette erano i K di Williamson dopo cinque inning. E otto quelli di Junior Guerra, anch’egli troneggiante fino a… quella “dritta” rimasta alta che Claudio Liverziani – astuto e sapiente selezionatore di lanci – ha diabolicamente castigato. Non uno swing potentissimo, quello del trentanovenne capitano del gruppo bolognese. Ma controllatissimo. Un contatto preciso, nel momento giusto, come a strappare il cuore a Junior Guerra.
Era tale la velocità del lancio di Guerra che nell’impatto con la mazza di Liverziani la pallina è schizzata via fluida, rapida, tagliando l’aria e scomparendo oltre la rete, laggiù in fondo, a destra. Un “solo” homer. Fuoricampo da 1 punto. Il punto decisivo. Per qualche attimo il pitcher venezuelano del San Marino si è disunito, perdendo la tranquillità che lo aveva accompagnato fino ad un attimo prima della performance di Liverziani. Ma poi ha reagito. E si è ripreso. Restando sul monte per 7.1 inning. Guerra è sceso con 10 strikeout, 1 base per ball, 5 battute valide concesse, 1 punto subìto (e guadagnato su di lui).
Williamson, sempre più sicuro, ha imposto la propria personalità per 7 inning. senza alcun cedimento. Totale concentrazione, totale controllo. Con efficace uso della “dritta” che si muoveva abbondantemente (ora uscendo esternamente, ora internamente) e della split finger (un lancio che principalmente viene usato quando c’è da ottenere uno strikeout). Applauditissimo dai supporters della Fortitudo UnipolSai, Willimson ha chiuso il suo partitone-capolavoro con 12 K, 1 base per ball, 5 valide. Nessun punto. Mi sento di dire che è stata la prestazione più sostanziosa dell’americano. Considerando anche lo spessore dei battitori che ha affrontato, gente del calibro di Duran, Vasquez, Jairo Ramos, Mazzuca, Avagnina, Imperiali.
Non si può parlare dei meriti di Joey Williamson senza sottolineare le capacità dell’uomo che ne “riceve” i lanci, e che lo guida, e lo accompagna in queste prestazioni di grande concretezza. Sto parlando di Guillermo Rodriguez, un catcher di vastissima esperienza che è stato in Major League, un veterano di grande sapienza e personalità. Perchè nel baseball non c’è forte lanciatore senza un catcher che sappia gestirne con sicurezza e serenità i lanci.
Raul Rivero – che a Bologna chiamano “l’omone” – ha chiuso in maniera vertiginosa. Da closer è pressochè intoccabile: 3 K in due inning. Senza concedere valide nè bb. Una garanzia per la Fortitudo.
Bravo anche Darwin Cubilan, il veterano “sammarinese” che non si è disunito neanche di fronte a due errori della propria difesa.
Claudio Liverziani ha battuto giovedi il suo secondo homerun della stagione. Il primo lo aveva fabbricato proprio in apertura di campionato, contro il Godo.
Con la prodezza dell’altra sera Liverziani ha messo la firma sul fuoricampo numero 99 della sua prestigiosa carriera. Ancora uno sforzo e il novarese entrerà nel “club dei 100” raggiungendo al quattordicesimo posto (nella storia del campionato italiano di baseball di massima serie) Mike Romano.
Vittoria importantissima!.
Williamson è pitcher solidissimo ed adattissimo al Campionato Italiano;può diventare quello che è stato Matos.
Ciccio…è Ciccio!.
Grande Capitano!.
Un abbraccio
Grande sfida e grande vittoria.
Ps: ci sono giornalisti capaci di scrivere fredde cronache in bianco e nero ed altri, come Roveri che pennellano articoli come questo…
Speriamo veramente che possa essere anche meglio di Matos…Non dimentichiamo l’omone pero’ che chiude sempre con un’autorita’ disarmante(per gli altri…) E poi Ciccio beh che dire,oramai le parole non bastano piu a descrivere la sua classe.Forza Effe.Ovunque Comunque Dovunque. F.d.L.
Complimenti per l’articolo signor Roveri. Credo che quest’anno i 4 pitcher partenti in gara 1 delle 4 semifinaliste siano tutti ad ottimo livello ed è difficile stabilire chi sia il migliore dei 4 (forse Eckstrom, di strettissima misura, ma è un parere personale..) ed è un vero peccato che il regolamento consenta ai manager di evitare questi accoppiamenti, perchè sono tutte partite ad alto livello che si perdono. Forse è un pochino più definita la situazione a livello dei 4 closer, dove credo che l’omone rimanga una spanna superiore a tutti gli altri, nonostante l’ottimo campionato che ha fatto Marquez…
Complimenti Maurizio per la splendida pagina, rileggendo la quale ci fai ancora rivivere le emozioni di una magnifica serata. Se dovessimo scrivere un piccolo diario delle partite “storiche” della Fortitudo, credo che quest’incontro ne debba far parte sia per intensità che per bellezza: un vero braccio di ferro risolto con una vera magia.